17 aprile ’15
Dopo la colazione ci prepariamo psicologicamente a ritrovarci in mezzo al nulla. Sarà la tappa lunga, circa 700 km e su internet è difficile trovare informazioni relative ad Aral, unica città in mezzo a tutta l’area.
Non piove ma ci sono un po’ di nuvole e sembra di stare navigando in un oceano di sogni.
Il paesaggio è davvero indimenticabile.
La steppa si trasforma in deserto e noi ci fermiamo ad arrampicarci sulle dune e poi saltare da una parte all’altra.
Aral, è davvero una cittadina desolata, un tempo era un porto, tutti lavorano nei pescherecci. Il lago si è però ritirato all’inzio degli anni 90 e da lì è stata lasciata a sé stessa.
C’è un’unica strada principale e un unico orribile hotel. Con l’aiuto di Max, un signore kazako molto disponibile, troviamo un ostello pulito dove passiamo la notte.
In giro ci sono sempre moltissimi bambini, la curiosità li spinge vicino al catobus. Nonostante l’inziale diffidenza, noi ne approfittiamo per regalare dei portachiavi e un pallone regalati dagli sponsor. L’iniziare paura si trasforma in incontenibile gioia.